Il 6 aprile 2018, al Teatro Piccolo Orologio di Reggio Emilia, alle ore 21.00, andrà in scena per la prima volta “Copernico non ci credeva”, spettacolo di Rocco Gaudenzi (ricercatore all’Università di Delf) e Pablo Solari (regista e drammaturgo), prodotto dal Centro Teatrale MaMiMò e realizzato in collaborazione con il Comune di Reggio Emilia per il progetto “A scuola di Data Journalism”.
La scelta della figura storica di Copernico non è affatto casuale. Il celeberrimo scienziato cinquecentesco è noto per essere stato il primo a teorizzare che la Terra non si trovasse al centro dell’Universo, come si era erroneamente creduto fino a quel momento. Tuttavia, passarono secoli prima che la sua scoperta fosse ufficialmente riconosciuta come legittima, per una ragione molto semplice, e a noi altresì famigliare: la difficoltà di utilizzare correttamente i dati a disposizione al fine di confermare la veridicità o meno di un fatto. La corretta fruizione dei dati, abbiamo imparato in questi mesi, non è assolutamente facile ed immediata: non lo è con gli strumenti di oggi, figuriamoci con quelli di 500 anni fa. Tant’è che, come recita il titolo dello spettacolo, Copernico stesso “non ci credeva”: nella sua opera più famosa infatti, “De revolutionibus orbium coelestium”, il primo a dichiarare di dubitare delle sue stesse intuizioni fu proprio lui.
In vista del lancio dello spettacolo teatrale, il 28 marzo scorso si è tenuta in Municipio una conferenza stampa, presenziata dall’assessora Valeria Montanari, Enzo Motta di ARPAE Emilia-Romagna, Andrea Buratti e Andrea Delfino di Centro Teatrale MaMiMò, rispettivamente addetto all’ufficio stampa e attore dello spettacolo.
Durante l’incontro, l’assessora Montanari ha sottolineato come la collaborazione tra il Comune e MaMiMò nasca con l’intenzione di far approcciare gli studenti coinvolti nel progetto “A scuola di Data Journalism” sia scientificamente che culturalmente al tema degli open data; è anche forte il desiderio di aprire il progetto all’intera città, dando quindi l’opportunità non solo ai ragazzi ma anche a tutti i cittadini di conoscerlo e avvicinarsi ai temi in esso illustrati. La realizzazione dello spettacolo ha poi lo scopo di riportare l’attenzione sull’importanza che il metodo critico speculativo, strumento nato come scienza moderna tra il ‘500 e il ‘600, ha avuto nella storia: la verità scientifica, infatti, si costruisce su prove altrettanto scientifiche derivanti dall’esperienza e dell’osservazione, e ha validità fintanto che non viene confutata. L’opera è perciò un’operazione di riflessione culturale su un tema che ha da sempre accompagnato l’uomo, e si vuole quindi restituire al pubblico l’idea che, prima di etichettare come veritiere determinate credenze e convinzioni, è necessario verificare che esse siano correttamente supportate dalla teoria critica della scienza.
Ha preso poi la parola Enzo Motta, che ha voluto ricordare il ruolo rilevante di ARPAE nell’elaborazione tecnico-scientifica dei dati: l’Agenzia infatti collabora da anni con enti locali e scuole per la diffusione dei dati ambientali, cercando di divulgare una cultura dell’approccio verso le informazioni il più tecnico-scientifico possibile. Motta inoltre si è detto piacevolmente stupito del grande coinvolgimento e interesse che ha visto negli studenti durante la realizzazione del progetto, a dimostrazione del fatto che, contrariamente ai pregiudizi diffusi nella nostra società, gli adolescenti di oggi non vivono esclusivamente all’interno dell’universo dei social network disinteressandosi a tutto ciò che vi è di utile e di concreto nella realtà esterna.
Infine, Andrea Delfino e Andrea Buratti di MaMiMò hanno spiegato come “Copernico non ci credeva” rappresenti un’ottima occasione di far incontrare la sfera teatrale con il mondo scientifico e per aprire ad un pubblico più ampio il tema delle fake news e della giusta interpretazione degli open data. Copernico è l’esempio di come un uomo vissuto mezzo millennio fa, con a disposizione i dati reperibili nei libri grazie all’invenzione della stampa, sia riuscito a compiere la sua rivoluzione svolgendo null’altro che un paziente lavoro di osservazione di ciò che aveva davanti e utilizzando, in maniera intelligente, tutto ciò che l’aveva preceduto. Al giorno d’oggi, il numero di dati che abbiamo a disposizione e le nostre opportunità di usufruirne sono decisamente aumentate rispetto ai tempi di Copernico, ma siamo purtroppo sempre più distratti, e ciò provoca l’incapacità di utilizzare i giusti criteri per leggerli. Chiunque può compiere la sua rivoluzione: sta solamente a noi imparare ad utilizzare i dati in modo corretto per far sì che ciò accada.
Per conoscere meglio lo spettacolo e i suoi retroscena, abbiamo intervistato i due autori Pablo Solari e Rocco Gaudenzi, i quali hanno risposto separatamente ad ognuna delle nostre curiosità.
“Come nasce la collaborazione tra di voi, che siete due persone con una formazione completamente diversa?”
Pablo: “Con Rocco ci conosciamo da diversi anni, siamo legati da alcune amicizie in comune e soprattutto dalla medesima città di provenienza e formazione, Pesaro. Ogni volta che abbiamo avuto l’occasione di incontrarci, nelle nostre conversazioni c’erano spunti che il tempo e la distanza — io vivo a Milano, Rocco a Berlino — non permettevano di approfondire. Creare uno spettacolo insieme è stata ed è soprattutto la possibilità di un confronto tra due mondi, quello scientifico e quello teatrale, che come vedrete non sono poi così distanti. Penso di poter parlare anche a nome di Rocco affermando che crediamo convintamente nella sinergia, nello scambio dialettico tra discipline diverse.”
Rocco: “Diversità di formazione e specializzazione non implicano diversità di intenti. Quando due persone con questa comunanza d’intenti si incontrano, può sbocciare naturalmente un’armonica collaborazione ed è lì che la diversità diventa fertile. Il caso vuole che Pablo sia amico di un amico a me molto caro e che, tramite lui, abbia assistito all’ultima mia lezione annuale su scienza e filosofia in un piccolo teatro di Pesaro. La sua vorace curiosità e la mia necessità di espansione umanistica di temi scientifici — traccia forse della mia formazione classica — ha casualmente determinato l’incontro e l’inizio di una collaborazione per me preziosissima. Si dice: “Aiutati che il cielo t’aiuta”. “Cielo” o “caso” che sia, la conseguenza reale, cioè il fenomeno, è la stessa.”
“Come è nata l’idea di creare uno spettacolo teatrale che affronta un tema scientifico che agli occhi della gente può sembrare complesso?”
Pablo: “Lo stimolo nasce direttamente da Rocco e dalla sua maniera di raccontare la scienza, semplice e diretta: riesce a trasmetterti grande passione e voglia di comprendere. La parola, tra tutti gli elementi di cui si compone il Teatro, è forse il mezzo che più mi affascina sperimentare; confrontarmi con la parola al servizio della scienza, con il suo utilizzo meticoloso, a volte puntiglioso, è una sfida molto affascinante. Grazie anche ad un bravo e attento interprete come Andrea Delfino, che si è immerso nei temi come farebbe proprio uno scienziato, il linguaggio scientifico è diventato qualcosa di concreto e familiare, facile da raccontare, trasmettere e anche divertente.”
Rocco: “Iniziamo col chiarire che la scienza è vita, nel senso che è innanzitutto un approccio al mondo. Per comprenderlo, i concetti scientifici nella fattispecie non servono: essi sono prodotti, risultati, di quell’approccio. Chi guarda la scienza da fuori vede questi prodotti criptati, magici, e non la fabbrica, gli ingredienti elementari da cui essi conseguono. Togliere il velo di apparente complessità, ma non il potere, a questa magia è uno dei moventi della mia attività, e dunque anche dello spettacolo.”
“Lo spettacolo nasce in occasione del progetto A scuola di data journalism o separatamente da esso?”
Pablo: “Il progetto è una riflessione sugli open data, spunto che ci è stato lanciato dal Comune di Reggio Emilia, che ringraziamo per la bella opportunità che ci ha offerto; dopo alcuni confronti con Rocco il tema si è definito più in generale sul rapporto dell’essere umano con i dati; da questa idea, e da una lettura pubblica tenuta dallo stesso Rocco, abbiamo pensato di dedicare lo spettacolo alla figura di Copernico. Non voglio però anticiparvi troppo, mi piacerebbe discutere con voi di questo collegamento a fine spettacolo.”
Rocco: “La committenza, che ringraziamo — parlo anche a nome di Pablo —, lanciando la sfida sugli open data, ha stimolato la fusione tra alcuni argomenti della mia lettura pubblica e l’arte teatrale di Pablo, da cui lo spettacolo nasce.”
“Lo spettacolo potrebbe aiutare gli studenti coinvolti nel progetto a vedere da un altro punto di vista il tema che stanno affrontando?”
Pablo: “Personalmente, è stata l’occasione per approfondire il mio punto di vista sull’argomento. Non posso negare che sia stato un percorso rivelatore, che mi ha permesso di rivalutare il presente grazie ad una lettura più approfondita del nostro passato; parliamo di rivoluzioni, letteralmente “ritornare dopo un moto di allontanamento”, e anche su questo cerco di non anticiparvi troppo…”
Rocco: “Quando la domanda è ben posta contiene già la risposta, nella vita come nella scienza, che infatti è vita. È esattamente come suggerite: lo scopo principale della nostra decostruzione e ricostruzione del concetto di dato e verità è mostrare un punto di vista alternativo, più fondamentale, se permettete l’immodestia. Mi piace pensare che Socrate spogliasse i concetti di tutte le stratificazioni semantiche che ne ricoprivano l’essenza, come molti vestiti l’uno sull’altro nascondono la forma di un corpo. Nelle lezioni, come anche in questo spettacolo, aspiro sempre e solo a fare un lavoro socratico sul punto di vista.”
“Il concetto di open data è un concetto molto attuale, ma che non tutti conoscono. Lo spettacolo potrebbe essere un modo per avvicinare questo tema a coloro che non ne conoscono il significato? Lo spettacolo, quindi, è stato pubblicizzato anche per le persone esterne al progetto?”
Pablo: “Lo spettacolo è assolutamente consigliato a chiunque, può essere una bella occasione per entrare in un argomento di cui si parla poco, il rapporto dell’uomo con i dati. Più specificatamente, si interroga sulla maniera in cui gli esseri umano decifrano il mondo che li circonda. Anche se sembra un tema molto intellettuale e filosofico, abbiamo cercato di renderlo divertente e ironico, abbiamo passato molto più tempo a ridere che a interrogarci sull’ontologia dei fenomeni. Direi che sì, è assolutamente adatto a tutti.”
Rocco: “Open è una forma della sostanza Data, i dati. L’aggettivo determina la sostanza del dibattito etico, economico e politico — che è congiunturale —, la seconda forza ad una riflessione sull’essenza e potenza della risorsa. Lo spettacolo innanzitutto discute quest’ultimo, e dunque proprio, come dite, il significato, più essenziale, del concetto. Una volta che questo punto di vista, come diciamo sopra, è chiaro, il dibattito sull’apertura o chiusura nella fattispecie si può affrontare.”
“La teoria scientifica di Copernico ha richiesto secoli per essere accettata completamente, mentre sul web oggi si tende a dare per veritiera qualsiasi informazione, incentivando così la diffusione di fake news. Ciò può essere considerato un paradosso, considerando lo sviluppo storico dell’utilizzo di dati e la libera fruizione di essi?”
Pablo: “È un paradosso che articoliamo in diversi snodi dello spettacolo. Una grande lezione che ci ha dato Copernico è che dalla verità non si sfugge, qualsiasi ostacolo gli si imponga col tempo riesce sempre ad imporsi, è l’essere umano che ha bisogno della verità; le fake news sono fini a sé stesse, digitali e non: sarà il tempo a mostrarle per quello che sono.”
Rocco: “Vedete, il paradosso è solo apparente: se faccio un esperimento su un sistema di cui vedo solo una parte o non controllo completamente — un sistema, per esempio, che è viziato da qualcosa di cui non mi rendo conto —, il sistema genera dei dati che, benché reali, non descrivono il fenomeno che penso di stare misurando. Potrei dunque, bona fide o meno, produrre e diffondere un’informazione, o lettura della realtà, falsata, cioè in cui il mio pensiero presunto su un fatto è associato erroneamente al fatto. Come qualsiasi altra realtà umana, la scienza non è immune da questo meccanismo. Ma ha “inventato” un paio di espedienti per limitare il danno: il costante confronto con una comunità di pari con cui si discute e che può riprodurre un esperimento; e il primato del dato numerico su quello percettivo. Normalmente, il primo elemento — mostrare ad altri quello che stai facendo e come lo stai facendo — è sufficiente per renderti conto di dove sbagli, della tua deriva. Come vedete, è il semplicissimo principio del punto di vista.”
Curiosi di vedere ciò che verrà proposto durante lo spettacolo teatrale, ringraziamo i due autori per il tempo a noi dedicato: appuntamento a venerdì 6 aprile al Teatro Piccolo Orologio di Reggio Emilia con “Copernico non ci credeva”. L’ingresso è libero, fino ad esaurimento posti.
Elisa Castagnetti e Francesca Zago