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Conosciamo i professori: è Stefano Preziosi a rompere il ghiaccio

Manca, ormai poco alle fasi operative del progetto “A scuola di data journalism” nelle aule delle scuole superiori. Nel frattempo, andremo a conoscere meglio i professori che accompagneranno gli studenti in questo percorso.
Il primo docente che abbiamo incontrato è stato Stefano Preziosi, insegnante di lettere e latino del Liceo Europeo “IESS” situato nel centro di Reggio Emilia.

Come è venuto a conoscenza del progetto?

“Siamo venuti a conoscenza del progetto, come scuola, a dicembre. È stato proposto al preside un po’ in ritardo rispetto alle altre scuole, probabilmente perché essendo la nostra una scuola privata, non è saltata subito all’occhio. Il preside è rimasto colpito dalla proposta, quindi ha organizzato un incontro tra noi e la responsabile del progetto. Inizialmente volevamo allargarlo a tutte le classi o comunque prendere solo due o tre studenti per ogni classe, poi però ho sostenuto che non fosse il caso perché è già un progetto complicato e andare a mischiare varie classi e ragazzi che non si conoscono avrebbe causato problemi. Ho deciso di farlo solo con la classe del secondo anno che seguo, perché abbiamo iniziato a studiare l’articolo di giornale, quindi siamo in tema con il progetto. “A Scuola di Data Journalism” è interessante dato che questo tipo di giornalismo è diverso dal solito. Se fosse stato un giornalismo semplice, puro e crudo, non so se avrei accettato perché ho lavorato in una redazione per un paio di anni e il mondo del giornalismo non mi esalta più di tanto, però questo è un giornalismo più di inchiesta, quindi basato su dati e sulla concretezza. Mi interessa anche perché in questo modo posso far capire agli studenti come si trovano le fonti.”

Sul data journalism andiamo un po’ più nello specifico… ad esempio, parliamo di fake news?

“Se mi dice fake news mi vengono in mente quelle notizie campate per aria che vengono illustrate nei siti, purtroppo talvolta anche nei quotidiani, e che servono solo come clickbait, cioè per attirare visite e quindi persone. Sulle fonti sto cercando infatti di sensibilizzare i ragazzi perché molto spesso mi chiedono: ‘Prof è vera questa notizia? Ho sentito dire che…’ però quando effettivamente vado a chiedere loro dove è stata sentita la notizia o quali fonti hanno recepito, manca la base, mancano le fondamenta. Negli ultimi anni, per esempio, una ‘guerra’ che cerco di portare avanti è contro le fake news sull’allunaggio. Ogni tanto, quando mi capita di parlarne a scuola, ne approfitto perché c’è chi sostiene che l’uomo non sia mai andato sulla luna. Questa tesi viene portata avanti senza il sostengo di dati concreti, senza andare sul sito della Nasa e senza guardare siti specialistici che riportano foto, documenti o dati. Ognuno si può fare una sua idea, però si deve partire dalle fonti e lavorarci su. Con questo progetto evitiamo in toto il discorso delle fake news perché andiamo direttamente al dato concreto, non abbiamo un parere di una persona che per sentito dire ci riporta i suoi pareri e le sue sensazioni, ma abbiamo proprio il dato utile per verificare.”

Altra parola chiave: open data. Ha avuto modo di approfondire questo concetto?

“Degli open data ci hanno spiegato che sono dati disponibili e accessibili a tutti. Il fatto che siano ‘open’ vuol dire che chiunque li può prendere e attingervi. Sono dei dati che, da un lato hanno qualcosa di positivo perché sono veritieri, dall’altro vanno poi interpretati, nel senso che non c’è un filtro, quindi andando a leggere un dato sulla qualità dell’aria o sulla concentrazione di una data molecola sei tu a doverlo gestire, a dover scrivere un articolo o paragonarlo.”
Conosce già degli strumenti per accedere agli open data?
“Ci hanno fatto vedere come possiamo, attraverso i siti, visualizzare gli open data che ci interessano, per esempio scegliere una certa zona oppure soltanto certe stazioni di rilevamento e come tracciare dei grafici per mostrare come siano in crescita o in decrescita.”

Ha già pensato a come strutturare il progetto con gli studenti?

“Ho pensato ad alcune proposte, ma non le farò agli studenti perché lascerò loro libera scelta o quantomeno chiederò loro di fare delle proposte. Anche quando si lavora sull’articolo di giornale, come stiamo facendo adesso in classe, ovviamente iniziamo con un fatto di cronaca, che devono trovare loro. I ragazzi mi propongo 5 o 10 episodi di cronaca e poi scegliamo insieme quale sviluppare. Quindi in testa ho qualche idea: per esempio confrontare i dati ambientali tra Reggio e Parma negli ultimi anni, oppure come la concentrazione di traffico urbano in determinate fasce orarie porti ad un rilevamento più alto di certe sostanze. Però lascio a loro la scelta, anche perché a volte hanno delle idee che io non saprei proporre, quindi magari tirano fuori qualcosa di geniale. Ho ricevuto comunque indicazione sui dati da evitare e su quelli che invece sono più significativi, quindi io li indirizzerò e li lascerò liberi di decidere. L’ultima parola spetterà comunque a me che approverò o non approverò le loro proposte.”

Quindi tutta la classe è coinvolta in questo progetto?

“Si, coinvolgerò e impiegherò tre lezioni al massimo di lavoro a scuola, il resto lo faranno per conto proprio. Li dividerò in gruppi e ognuno dovrà sviluppare un tema. Nella nostra scuola abbiamo tablet a disposizione quindi riusciamo a tenerci in contatto. Gli studenti possono mandarmi quello che raccolgono tramite un’APP e anche a distanza casa riusciamo a scambiarci idee e impressioni.”

Quindi avete gli strumenti per documentare il lavoro?

“Sì, gli studenti hanno un tablet personale che usano sia a scuola che a casa e che usano per fare ricerche e per riportare gli esercizi agli insegnanti, quindi su questo siamo un po’ avvantaggiati. Gli studenti sono bravi con le apparecchiature digitali anche per le presentazioni.”

In quanti gruppi saranno divisi gli studenti?

“In classe sono 21. Pensavo, anche in base alla proposta che mi fanno, formeremo gruppi al massimo di quattro persone, in modo che ognuno abbia il proprio compito e si dividano i lavori. Un esempio casuale: se scegliessero di paragonare la qualità dell’aria tra Reggio Emilia e Parma, un gruppo potrebbe lavorare sui dati di Reggio, un altro su quelli di Parma e un altro sul confronto tra i dati raccolti.”

I ragazzi del Liceo Europeo inizieranno il progetto in aula a partire dalla fine di gennaio, dopo l’ultimo incontro di formazione dei professori. Siamo curiosi di sbirciare il loro lavoro, e ringraziamo il professore Stefano Preziosi per la disponibilità e per il tempo che ci ha dedicato.

Gabriella Fauci e Francesca Zago

Tags : open dataprofessori

The author Redazione Comune